Ictus: riconoscerlo in tempo salva la vita. Quattro segnali da non ignorare

Ictus. Una parola breve, ma carica di conseguenze. In latino significa “colpo”, e mai come in questo caso la definizione è appropriata: l’ictus cerebrale colpisce all’improvviso, spesso senza preavviso, lasciando dietro di sé una scia di danni che possono cambiare la vita in pochi minuti. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’ictus è la terza causa di morte a livello globale e la prima causa di disabilità permanente negli adulti.
In Italia, ogni anno si verificano circa 150.000 nuovi casi: numeri allarmanti, che includono sia gli eventi ischemici (l’80%, causati da un’ostruzione del flusso sanguigno) che quelli emorragici (il 20%, causati dalla rottura di un’arteria). L’età media delle persone colpite è di 70 anni, ma non sono rari i casi anche in persone sotto i 55 anni. Eppure, solo una minoranza della popolazione sa riconoscere i sintomi e agire tempestivamente. Questo è un problema enorme, perché ogni minuto che passa in caso di ictus equivale alla perdita di circa 1,9 milioni di neuroni. L’esito può essere drammatico: entro un mese, muore circa il 20% dei pazienti colpiti; entro un anno, la percentuale sale al 30%. Di coloro che sopravvivono, almeno un terzo rimane con disabilità gravi, spesso non autosufficienti. Ma l’ictus, se riconosciuto e trattato precocemente, può avere esiti molto diversi. Per questo motivo, nel mondo medico si dice: “Time is brain” — il tempo è cervello. Da qui la campagna social #sepotesseroparlare lanciata in occasione di aprile – mese di prevenzione dell’ictus – per aiutare tutti a ricordare i segnali dell’ictus: gli esperti di A.L.I.Ce. Italia ODV , l’Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale suggeriscono di associare ciascun sintomo a un oggetto di uso quotidiano. Questo metodo semplice e intuitivo può trasformarsi in un vero strumento salvavita, soprattutto nei momenti concitati in cui è fondamentale agire con prontezza.
Ecco gli oggetti: 

  • Cellulare: perché è il primo strumento da usare appena si nota qualcosa di strano — chiamare immediatamente il 112 è essenziale. L’ictus è un’emergenza medica: ogni minuto conta.
  • Specchio: osservare il viso può aiutare a notare una asimmetria facciale — come un sorriso storto o una palpebra che cala. Chiedere alla persona di sorridere davanti a uno specchio può rivelare una paresi.
  • Tazza: invita la persona a sollevare una tazza o un oggetto leggero con entrambe le mani: se una delle due braccia cade o non riesce a muoversi correttamente, può trattarsi di debolezza o paralisi a un arto.
  • Orologio: il tempo è fondamentale. Annota l’orario in cui sono comparsi i primi sintomi, perché fornire questo dettaglio ai soccorsi può determinare la possibilità di somministrare trattamenti salvavita come la trombolisi.

4 sintomi da riconoscere per salvarsi

A rendere possibile un intervento efficace è la conoscenza dei sintomi. E qui entra in gioco l’acronimo FAST, che in inglese significa “veloce”, ma è anche un modo semplice per ricordare i segnali chiave dell’ictus: Face (Faccia), Arms (Braccia), Speech (Linguaggio) e Time (Tempo). Se si nota un’asimmetria del viso — come la bocca storta quando si sorride — oppure se una persona non riesce a sollevare contemporaneamente entrambe le braccia, o ha difficoltà a parlare (voce impastata, parole senza senso, incapacità a ripetere una frase semplice), è fondamentale agire subito e chiamare il 112. Anche se compare solo uno di questi segni. La rapidità è cruciale perché le terapie salvavita, come la trombolisi endovenosa o la trombectomia meccanica, sono disponibili solo entro una finestra temporale ben precisa (fino a 4,5 ore per la trombolisi, fino a 6-24 ore per la trombectomia in alcuni casi selezionati). Di recente, alcuni esperti hanno proposto di arricchire l’acronimo FAST con due lettere: BE-FAST, aggiungendo Balance (equilibrio) ed Eyes (vista) per identificare anche gli ictus del circolo posteriore, che possono presentarsi con perdita di equilibrio o improvvisi disturbi visivi (diplopia, cecità momentanea, campo visivo ridotto). Questa estensione è già usata in molti Paesi anglosassoni e sta prendendo piede anche in Italia grazie alle campagne di sensibilizzazione promosse da neurologi e centri specializzati.

La campagna salva-nonni di AliCe Italia ODV

Uno degli strumenti più efficaci per diffondere la consapevolezza dell’ictus, in particolare tra le famiglie, è il progetto FAST Heroes, promosso a livello internazionale dalla World Stroke Organization e portato in Italia da A.L.I.Ce. Italia ODV. Il progetto ha un obiettivo semplice ma potentissimo: insegnare ai bambini delle scuole primarie a riconoscere i segnali dell’ictus e a chiamare subito i soccorsi. Perché? Perché fino al 50% delle persone colpite da ictus sono nonni che si prendono cura dei nipoti: trasformare i più piccoli in “supereroi della salute” è un modo per proteggere le generazioni più fragili con strumenti facili, coinvolgenti e diretti. La campagna, già attiva in oltre 30 Paesi, ha coinvolto più di 250.000 bambini, insegnanti e famiglie, con materiali didattici suddivisi in moduli settimanali, giochi, fumetti e storie illustrate. Il protagonista è Matteo, un bambino che grazie alla formazione ricevuta a scuola riesce a riconoscere i sintomi dell’ictus del nonno Franco e salvargli la vita. Con i suoi superpoteri, Matteo ricorda ai coetanei come ogni sintomo corrisponda a un segnale d’allarme e come l’arma più potente sia proprio il telefono, da usare subito per chiamare il 112. Gli insegnanti che vogliono partecipare possono iscrivere la loro classe direttamente sul sito www.fastheroes.com, accedere all’area riservata e scaricare gratuitamente tutti i materiali. Il coinvolgimento dei più piccoli, che spesso hanno una straordinaria capacità di condividere quanto imparato anche a casa, è una delle strategie più promettenti per cambiare l’approccio culturale all’ictus: dalla paura all’azione consapevole, dal tabù alla prevenzione condivisa. Perché riconoscere i segni dell’ictus non è solo compito dei medici: è una responsabilità collettiva che, se ben distribuita, può salvare migliaia di vite ogni anno.

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ufficiostampa@gruppobartoli.it

Giornalista professionista ha lavorato per tv, radio, websites e testate giornalistiche locali e nazionali. Già responsabile di uffici stampa per enti pubblici e privati, oggi coordina l’Ufficio stampa e Comunicazione del Gruppo Bartoli. Dirige la rivista digitale oggibenessere di cui la Fondazione Bartoli è editrice. Un quotidiano nato dalla necessità di comunicare come la salute sia un equilibrio imprescindibile fra uomo e Natura.